Per quanto disposto dall’art. 612 bis c.p.: “… chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molestia taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura… tale da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita… è punito con la pena… “.
Il termine stalking proviene dalla lingua anglosassone e significa “fare la posta“, “rimanere in attesa di“ e lo stalker è il soggetto attivo (persecutore) che pone in essere tali condotte che disturbano la vittima, sino a cagionargli “… un perdurante e grave stato d’ansia e di paura…“ tali “… da alterare le proprie abitudini di vita …“.
Il legislatore ha introdotto il reato di Stalking nel corso dell’anno 2009, intendendo punire in modo molto più efficacie, quelle condotte lesive della libertà personale, che in passato potevano integrare solo il reato di “minaccia“, “molestia“ o “violenza privata“.
Lo stalking, salvo ipotesi aggravate è a querela di parte, ma per dar modo alla vittima di aver più tempo per determinarsi a denunciare il fatto, detta querela potrà essere presentata entro sei mesi dalla consumazione del reato e non entro i tre mesi canonici.
Il soggetto attivo del reato pone in essere comportamenti reiterati di tipo persecutorio e l’insieme delle condotte vessatorie, possono essere costituite da minacce, molestie, atti lesivi che creano un disagio psichico e fisico ed un senso di timore e la vittima, viene così condizionata dallo svolgere una normale vita quotidiana, che può subire anche forti alterazioni.
Nella maggior parte dei casi, lo stalker è un uomo, un ex marito, un ex fidanzato, un ex amico o un vicino di casa, ma con il presente articolo, ci limiteremo ad esaminare una particolare fattispecie che sta prendendo sempre più piede: lo stalker economico.
Tale soggetto è colui che forte del suo status di creditore, perseguita la vittima – debitore, con costanti telefonate, messaggi SMS, mail, visite domiciliari, accessi sui luoghi di lavoro, anche prendendo contatto con amici e parenti, spesso ad orari inaccettabili, il tutto con l’unico scopo di mortificare la vittima al punto tale da costringerla ad adempiere all’obbligazione pecuniaria.
Tale condotta può essere messa in atto da privati, oppure, più comunemente, da società preposte al tal fine, società alle quali spesso si rivolgono l’ istituti di credito, compagnie telefoniche, fornitori si servizi televisivi, utenze varie.
Esistono principio rigidi ai quali le dette società devono attenersi ed è sempre più fondato il timore che le dette società, nel convincimento di poter eludere la norma in parola, costituiscono una serie di subsocietà, tra le quali far circolare la pratica.
Così facendo la vittima riceverà solleciti, sia da differenti persone fisiche (operatori telefonici), sia da differenti persone giuridiche, con la conseguenza che ciascuno dei detti avrebbe effettuato un limitato numero di solleciti, nel falso convincimento che non si configurerebbe la condotta tipica della fattispecie penale in esame.
Al contrario, se tale architettura societaria dovesse trovare conferma all’esito del processo penale, il responsabile sarà individuato, non certo nell’inconsapevole operatore telefonico, ma nell’amministratore della società madre, eventualmente, in concorso ex art. 110 c.p., con gli altri amministratori delle società satelliti.
Nel corso del tempo si sta profilando un altro aspetto di grandissima rilevanza legato al reato in ipotesi, infatti, lo stesso, potrà essere il preludio per il compimento di altri reati, quali l’usura e l’istigazione al suicidio.
Aver la consapevolezza di essere effettivamente debitori di una somma di denaro, crea nel soggetto uno stato di prostrazione ed un senso di inferiorità nei confronti del creditori e di chi lo rappresenta e se la pressione di questi ultimi è forte, costante e molesta, il debitore potrebbe essere indotto a cercare denaro presso soggetti senza scrupoli, oppure, non reggere alla pressione, trovando nella morte l’unica via d’uscita.
Per sottrarsi a questa persecuzione Vi sono diverse strade da percorrere, anche congiuntamente tra loro, ed in particolare: denunciare il fatto tanto all’Autorità penale, quanto al Garante della Privacy, affinché la prima, dia avvio a procedimento che sfocerà in una condanna per il reato di stalking, la seconda, affinché sanzioni il soggetto che illegittimamente ha consegnato i dati personali (telefono, indirizzo, ecc. ecc.) alla società di recupero crediti. A ciò si aggiunga che vi è sempre la possibilità di dare avvio ad una causa civile per ottenere un rapido risarcimento del danno morale.
Avv. Simone Cagnetta